Lost Horizon – Recensione – II parte

Suono/Musica/Doppiaggio.

La maggior parte delle musiche e degli effetti sonori è stata realizzata da Thorsten Engel .

Non so se abbia scritto anche la canzone quella cantata dalla ragazza nel  night club all’inizio dell’avventura (o se si tratti di canzone dell’epoca), ma è davvero notevole. Difficilmente le musiche hanno parte fondamentale in un’avventura, ma in questo caso lo hanno, eccome. Buona parte dell’atmosfera anni ’30 deriva dalla colonna sonora, davvero ben fatta. L’esibizione della ragazza di cui sopra è un piccolo gioiello di commistione musica/cinema/videogioco, di cui esistono pochi altri esempi, nel nostro genere.

Come show e videogioco a volte fanno rima

Il doppiaggio è svolto egregiamente, senza voler scendere in complimenti eccessivi, e la caratterizzazione linguistica dei personaggi è resa senza scendere in macchiette folkloristiche che avrebbero ridicolizzato l’effetto finale. Vale a dire l’ambasciatore inglese parla il suo forbito britannico, l’ufficiale nazista parla il suo accento tedesco duro e spigoloso, ma non vanno aldilà di quanto ragionevolmente ci si aspetterebbe senza scadere nel ridere.

La traduzione mi è sembrata piuttosto curata nel complesso, non mi è capitato di trovare svarioni grammaticali (tranne un raccapricciante “non so proprio a cosa servi”, che bonariamente supporremo trattarsi di un typo), anche se qua e là è emersa l’incertezza nella traduzione di alcuni hot-spot (ad esempio una “tinozza” al posto di una evidente “vasca”), dovuta probabilmente al fatto che ai traduttori deve essere stati sottoposti semplicemente i testi da tradurre, e non anche le schermate o il gioco da giocare (o non hanno avuto il tempo di visitare e controllare tutte le traduzioni in-game).

Enigmi.

Punto controverso, questo.

Fermo restando che Lost Horizo non inventa niente di nuovo, in nessuno dei suoi aspetti, ma semplicemente prende da quanto già esisteva e lo interpreta in modo, lasciatemelo dire, estremamente elegante, per quanto riguarda gli enigmi, beh, forse il pelo nell’uovo si riesce a trovarlo, e forse più d’uno.

Innanzitutto, l’inventario: a scomparsa, nel lato inferiore dello schermo, presenta, come al solito, la rassegna di tutti i vostri oggetti rappresentati da icone. Una bella funzionalità consente di cliccare su un’icona e trascinarla su un altro oggetto per poterli combinare – eventualmente – tra di loro; il problema è che questa funzione si rivela, all’atto pratico, fin troppo bella: non essendo l’inventario mai troppo affollato, nei casi in cui vi troverete senza idee, vi troverete a provare tutto con tutto, magari a casaccio o in maniera metodica esaurendo tutte le combinazioni del “prova X con Y”, per X,Y ε {inventario}, X =/ Y, e questa che era una pratica vecchia come il mondo, per carità, risulterà essere, tramite la comodità di cui sopra, un’operazione da svolgere in al massimo 30 secondi.
Per fortuna, ci troveremo davanti anche ad alcuni puzzle “veri”, ma mai “cerebrali”: ricostruzione di foto strappate, sbrogliare laocoontiche matasse di fili elettrici , oltre a tutte le possibili variazioni sul tema “aprire la porta chiusa”.

Un esempio di un puzzle di Lost Horizon

Solo un paio di piccoli pixel hunting (e forse usare questo termine è già esagerare) potrebbero mettersi sulla vostra strada verso la soluzione, ma tenete conto che vi sono varie possibilità del sistema, attivabili o disattivabili a piacere, per rendere l’esperienza di gioco più agevole, come l’ormai affermato sistema di visualizzazione di tutti gli hotspot.

Da elogiare la scelta di evidenziare gli hotspot, a passaggio del mouse, con delle belle scritte chiare e grandi su riquadro scuro, ideale per gli ipovedenti e i vecchietti come il sottoscritto che ormai cominciano a perdere colpi.

Un bel hotspot evidenziato come si deve.

In generale, Lost Horizon, per quanto concerne gli enigmi, mi ha ricordato molto Broken Sword: un’avventura che mette la giocabilità e l’esperienza d’avventura in primo piano rispetto alla difficoltà degli enigmi: chi ama scervellarsi per ore sulla risoluzione di un enigma dovrebbe tenersi alla larga da Lost Horizon. Spesso con LH l’azione da attuare è più che esplicita, piuttosto la difficoltà (se mai, come ho detto, vogliamo parlare di difficoltà) sta nel reperire gli oggetti che ci servono ad attuarla e a metterli insieme correttamente. In questo senso molti enigmi non si esauriscono in un semplice X+Y, ma coinvolgono più oggetti: X+Y+Z+… Ad ogni modo, per quanto semplici possano essere, sono divertenti da svolgere e sempre ben inseriti nella trama. Niente “giochi del quindici”, insomma, o papiri da decifrare attraverso caratteri esotici di alfabeti astrusi, magari numerici.

Storia.

Qui arriva il bello, il punto essenziale del contendere.
Per cosa giocate alle avventure grafiche?
Per la trama? Ma esistono quantità indefinibili di romanzi, film ed opere narrative là fuori, tutto sommato. Che bisogno c’è di affidarsi ad opere come le avventure?
Il fatto è che queste combinano più generi in modo inesplicabile: il gioco, la narrazione, l’appagamento visivo, la musica, l’enigmistica, se volete.
E Lost Horizon lo riesce a fare in maniera magistrale, mettendo in testa, giustamente, la narrazione ma senza svilire anche gli altri aspetti a cui accennavo. La scelta di mettere in mano ad una scrittrice, Claudia Kern, in primis, la sceneggiatura si rivela esplicitamente vincente. Sin dalle prime fasi del gioco, e senza cadute di interesse in tutto il suo svolgimento, la sensazione di trovarci di fronte a quella sarebbe potuta essere a buon diritto la trama di un film è mantenuta viva dallo stile adottato, dai frequenti cambi di scena, dall’adozione di inquadrature tipicamente ammiccanti al mondo del cinema. Anzi, a dirla tutta, Lost Horizon potrebbe essere un gioco tratto da un film.

La storia, in breve. Fenton Paddock, ufficiale dell’Esercito Britannico congedato con demerito per un fatto che si chiarisce nel corso dell’avventura, viene incaricato dal governatore locale di recuperare le tracce del figlio disperso, fra l’altro suo carissimo amico. Nell’affrontare questa missione, Fenton troverà sulla sua strada antiche forze esoteriche e l’esercito nazista interessato adentrarne in possesso. I fatti si basano in parte su elementi storici ben precisi e documentati: in effetti il regime nazista inviò una spedizione in Tibet negli anni ’30, con obiettivo l’individuazione delle tracce dell’origine della razza ariana (sic), supposta derivante da una razza semidivina che prima aveva dato origine alla civiltà di Atlantide (ri-sic), e poi si era spostata nel Tibet. Questa civiltà avrebbe ivi fondato il mitico regno di Shambala , e la Deutsches Ahnenerbe – Studiengesellschaft für Geistesurgeschichte (Eredità tedesca degli antenati – Società di studi per la preistoria dello spirito), fondata niente meno che da Himmler in persona nel 1935, si era votata, fra le altre cose, alla sua ricerca.
In questa accurata ambientazione storica, però, troviamo anche le Olimpiadi di Berlino (poteva esimersi Fenton dal far danni anche lì? ma scherziamo?), e qui c’è un piccolo scivolone di date: Le olimpiadi tedesche sono del 1936, mentre la spedizione tedesca in Tibet risale al 1938-39. Poco male, il giocatore medio non risentirà dell’anacronismo.

Ritornando a bomba alla trama, e ai suoi personaggi, non manca, per tutti i romanticoni, anche la comprimaria femminile…

Notate la mano... intendevo dal punto di vista grafico, che avete capito!

Sempre restando sui personaggi, Fenton Paddock si rivela un simpatico scavezzacollo dedito un po’ troppo ad alzare il gomito e soprattutto alle donne: tutti gli stereotipi cari al cinema noir. Impossibile non pensare, e sarebbe un peccato se non lo facessero, pensare ad un secondo episodio, piuttosto che lasciare un personaggio così carismatico nel cassetto.

Non pensare al ciclo di Indiana Jones, è praticamente impossibile: antichi manufatti, continui cambi di scenario, fughe precipitose, inseguimenti, una donna come sparring partner, frequenti viaggi da una parte all’altra del globo, templi da visitare sono gli elementi fondanti dell’avventura.

Voto.

Aridaje co’ sto voto…

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