Rhiannon (la conferma) – II

(Continua…)

Grafica.
Niente di eclatante. A volere essere buoni, si intuiscono le buone intenzioni che stanno dietro alla realizzazione dei fondali e dell’ambiente circostante, ma con le sole buone intenzioni non si fa un’avventura grafica decente. In prima persona, poi …

Vi sono locazioni la cui realizzazione è quasi imbarazzante, per un gioco che vuole essere commerciale; per esempio, trovate che questo sotto sia plausibile come desktop di un computer dei nostri giorni? L’icona a busta in alto a sinistra è la posta elettronica, quella in basso a destra è lo shutdown di sistema. Punto.

La scusa che il team di sviluppo sia formato da tre persone lascia il tempo che trova, dato che siamo sul livello di DarkFall, che ormai risale a 7 anni fa (eh sì, passa, il tempo…), è un “one man game” e già a quei tempi veniva definito “una serie di schermate in Powerpoint”….

Un esempio della grafica degli ambienti di Rhiannon

Interfaccia.

Solo un po’ di sforzo in più e forse non mi sarei potuto divertire ad infierire così tanto. Schermata del menu resume/salva/carica/esci che più tradizionale e statica non si può.
Inventario a scomparsa sul lato alto della schermata.
Il cursore che assume l’aspetto di una lente d’ingrandimento ci segnala che è possibile zoomare su un particolare.
Dove è possibile svolgere un’azione utilizzando un oggetto dell’inventario il cursore cambierà nel simbolo degli ingranaggi.
Sembra essere ritornati indietro di dieci anni; per spostarsi c’è il solito, odioso, insopportabile sistema del movimento “quantizzato” a schermate fisse: avanti, destra, sinistra, dietrofront, se ci dice bene sopra, sotto, e qualche spostamento in diagonale.
Non vi viene in mente qualche altro tipo di gioco? Ne parliamo più avanti. Non esiste, come invece in molte avventure in terza persona, una mappa che consenta di eliminare i tempi morti dello spostamento da una locazione all’altra (altrimenti la durata del gioco crollerebbe drasticamente).

Suono/Musica/Doppiaggio.

La musica, presente in pochissime locazioni ed occasioni, ad essere buoni si può considerare non valutabile.
Ho giocato la versione originale inglese; esiste una traduzione italiana che, anche se fosse ottima (e non ho motivo di pensare che non lo sia, intendiamoci bene, anche se non condivido in prima battuta le citate difficoltà di traduzione di alcuni brani in gergo giovanile), non credo riuscirebbe a ribaltare da sola la valutazione di quest’avventura.
I suoni, legati nell’ambiente esterno al fruscìo delle foglie, al cinguettìo degli uccellini, allo scorrere dell’acqua nei vari corsi e laghetti, sarebbero senza infamia e senza lode, se non fosse per quell’ossessionante biascichìo “rhiannonrhiannonrhiannonrhiannon” di alcune locazioni (tra cui il menu delle opzioni) che fa venire voglia di prendere a randellate il computer.

Enigmi.

Se trovate divertente andare in giro per la casa e dintorni alla ricerca di oggetti (o eventuali surrogati) per completare ben quattro rituali (i quattro “branches”, rami), beh, siete accontentati; la combinazione di oggetti dell’inventario è assente; pullulano gli enigmi di ricerca di chiavi/combinazioni per aprire porte, casseforti, lucchetti. La maggior parte delle volte si tratterà di dover trovare un oggetto o una serie di oggetti da utilizzare per un unico scopo (quasi sempre, una volta utilizzati, scompariranno dall’inventario). Uno dei problemi riscontrati è legato anche all’interfaccia: spesso non sarà immediatamente ovvio come utilizzare o combinare gli oggetti collezionati, e le informazioni raccolte dai numerosi documenti ritrovati qua e là potranno essere non solo ambigue, ma anche fuorvianti: così è ad esempio successo per un semplice lucchetto con combinazione a quattro cifre, la cui soluzione avrebbe dovuto essere, in teoria, parte di una data. Da censurare in modo inequivocabile è la scelta di non consentire di raccogliere un oggetto se non quando effettivamente se ne ha bisogno: se tu (sviluppatore) mi doni il superpotere di avere tasche di capienza infinita, e poi mi privi della libertà di raccogliere anche solo da terra tutto quello che voglio, hai creato un aborto, un superuomo tetraplegico. Viene da sé che questa non è una scelta dettata dalla ricerca di una maggiore aderenza ad un comportamento realistico, ma un escamotage per assicurare maggiore longevità al gioco, assieme alla mancanza di scorciatoie per raggiungere le singole locazioni. Difficile che riusciate a non consultare la soluzione per raggiungere il finale, e questo quasi mai per limitatezza del giocatore, ma per astrusità nell’elaborazione e progettazione degli enigmi.

Storia.

La vostra solita storia di una casa infestata, con l’aggravante della mancanza sostanziale di un valido motivo per essere sempre completamente da soli: anche nelle poche occasioni in cui potreste incontrare il postino, ne avvertirete la presenza solo per un clacson esterno, o lo sgommare dell’auto. Il vostro alter ego è un essere invisibile che non riesce neanche ad avere la propria immagine riflessa allo specchio (siamo forse un vampiro, chi lo sa).

Inutile sforzarsi ad affacciarsi allo specchio, non vi vedrete mai riflessi.

Se invece di fantasmi, ad infestare la casa fossero scarafaggi, forse l’intreccio sarebbe più interessante. (Badmojo docet)
In breve, l’inconsistente canovaccio: siete un tale Chris, amico dei Sullivan, una famiglia che ha scelto di acquistare una vecchia fattoria (ia ia oh! …ehm…)

Una parte della tenuta dei Sullivan

e di ristrutturarla, il quale ha accettato di custodire l’abitazione durante l’assenza della famiglia per un periodo di vacanza. Perché i Sullivan hanno deciso di “staccare”? Anche per far riprendere la figlia Rhiannon, un po’ sconvolta dalle manifestazioni sovrannaturali da lei ripetutamente denunciate ai genitori: bisbiglii notturni, visioni inquietanti, ed ovviamente “rhiannonrhiannonrhiannonrhiannon”.
Ma porca miseria, glielo volete dire a quel povero diavolo che la casa è infestata? Lui si “vendicherà” ovviamente andando a frugare in ogni dove, leggendo diari nascosti e posta privata, violando dunque uno dei primi diritti dell’uomo senza dei validi motivi. Premesse decisamente sgangherate non possono che portare ad un succedersi degli eventi di pari segno: le quattro storie delle quattro famiglie che si sono succedute nella zona in epoche diverse verranno portate avanti in maniera discontinua e non omogenea, con scatti e balzi avanti narrativi poco efficaci.
Vi sono non poche incongruenze anche nella realizzazione degli ambienti in relazione alla storia: direste ami che questa stanza, per quanto dotata di una porta di metallo, si spera, a tenuta stagna, è sopravvissuta per un secolo in questo stato, in un tunnel parzialmente allagato?

Una stanza sotterranea di un secolo fa conservata perfettamente per voi

E vi aspettereste di trovare, rigogliosa come quarant’anni fa e passa, una coltivazione clandestina di marijuana?

Le coltivazioni di marijuana, come è noto, si annaffiano da sole

Il gioco, se mai si poneva come obiettivo di essere un’avventura “di paura”, fallisce miseramente anche in questo: le manifestazioni che dovrebbero suscitare l’atmosfera “horror” si esauriscono nell’arco del primo capitolo, e la sensazione di timore che dovrebbe pervadere la nostra esplorazione della casa e degli ambienti circostanti, lascia prima il posto alla stessa paura che si prova durante una scampagnata, e successivamente ad un senso generale di torpore videoludico. Non so poi chi possa appassionarsi alle leggende e alla mitologia gallesi: al sottoscritto, che pure è generalmente tollerante e magnanimo nei riguardi delle avventure grafiche, non è capitato. Senza arrivare a tirare in ballo Jane Jensen, l’inventiva di Jonathan Boakes, che pure è uno che tende ad arrangiarsi, è di ben altro pianeta.

Voto.

Ma quale voto.
Sarete piuttosto voi disposti a fare voto di castità (a tempo determinato, s’intende) purché non vi capiti di imbattervi di nuovo in qualcosa del genere.
Amanti delle pallosissime avventure in soggettiva fine anni ’90 – primi anni 2000 della Arxel Tribe, Microids e quant’altro, questo titolo fa per voi.
Misantropi incalliti, idem.
Tanto per capirsi: Necronomicon (Microids, 2001) era tecnicamente superiore (almeno potevate girarvi sul posto a 360°) e parlare, ogni tanto, con qualche anima viva.
Dal tipo di modalità di spostamento (W-E-S-N-U-D), dal livello di interazione e di dialoghi, e dalla quantità di testi da leggere, e soprattutto dalle scelte grafiche effettuate, si può dire che giochi come Rhiannon assurgono a buon diritto come gli eredi diretti delle avventure testuali.

In sintesi, la gioia più grande che potrete trarre da Rhiannon, sarà disinstallarlo.

One thought on “Rhiannon (la conferma) – II

  1. Ottima stroncatura.
    Una cosa che ho odiato di questo gioco, oltre al fatto che perdersi anche dopo ore passate a gironzolare negli stessi posti è facile come la prima volta grazie al comodo sistema di “navigazione”, è il menu iniziale che si apre con una lentezza senza pari.

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